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FèM - LA CASA DEL FARE

Perimetro presenta il nuovo SIDE5 edizione cartacea del magazine

Una serie di realtà milanesi sommano le loro energie e convergono verso il Giardino di Triennale Milano per il programma di Triennale Estate, un incrocio di storie diverse e parallele di relazioni e collaborazioni che lunedì 6 luglio darà vita ad un evento denominato Scenario.

"Fém la casa del fare" in questi scatti la fotografa Sonia Marin racconta Fèm laboratorio creativo.
Un mosaico analogico con cui comporre tante piccole storie.

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Mi chiamo Greta Gasparini, sono una scenografa e nel 2018 dopo tanto duro lavoro e fatica, ma con grande soddisfazione ho aperto le porte del mio laboratorio creativo Fèm a Cernusco sul Naviglio, periferia Est di Milano.

Avere l’opportunità di condividere la mia storia mi da modo di avere una voce, una voce che può parlare alle persone che, a causa delle innumerevoli difficoltà, desistono dal realizzare i propri sogni, per dir loro “siate la vostra opportunità”. Io sono partita da zero, ma con una cosa grande, la Fame. La fame di riuscirci nonostante tutto e tutti, quella fame che solo se hai un sogno e vive per quello sai cosa intendo. Sono riuscita a costruire il mio laboratorio di scenografia che sta diventando anche un Hub dove giovani e non solo, possano avere il proprio spazio, dove condividere, imparare ma sopratutto Fare, perchè Fèm non è solo un luogo è le persone che lo vivono.

Dovete essere voi i primi a credere in voi stessi, nessuno mai lo farà al posto vostro, quindi ricordatevi sempre che

Fare è Meglio!

Quando vidi per la prima volta le foto di Sonia sentii che lei avrebbe potuto cogliere l’essenza della mia piccola realtà. Attraverso i suoi scatti e grazie alla sua visione poetica e romantica, lei racconta i luoghi, gli oggetti e le persone che li abitano. Fa si che il tempo venga sospeso e si possa osservare come ogni storia prenda vita nel silenzio di un’immagine.

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Ricordo la prima volta che incontrai Greta, mi venne incontro alla stazione della metro con una piccola bicicletta Bottecchia; indossava una salopette di jeans e un gran sorriso. Saremmo andate al suo laboratorio e da subito ho cercato di immaginare come raccontare quel luogo magico e le innumerevoli, diverse storie che in esso prendevano forma.  Poco distante dalla superstrada, tra capannoni e magazzini all’ingrosso, al di là di un cancello di ferro marrone, il laboratorio di Greta diventa un luogo silenzioso svegliato solo da quel suono inconfondibile di chi sta lavorando per creare qualcosa: si usano le mani e la fantasia prende forma. Lo spazio si riempie di oggetti e materiali tra i più diversi, alcuni preziosi altri più modesti e dalla fattura semplice; c’è anche una grande vetrata che in qualche ora del giorno raccoglie la luce del sole proiettandola sul pavimento rosso con disegni d’ombra sempre diversi. Chiodi, pennelli, lastre di metallo, barattoli di colla pieni o mezzi vuoti, piatti con tracce di tempera e lampadari, tanti lampadari, tutti appesi riposano lungo le pareti aspettando di entrare in scena. Ho scattato 8 rulli, ho scelto quasi sempre la giornata di sole e ho fatto visita a Greta per tre volte, due mattine e un pomeriggio; volevo dedicare ogni fotogramma ad un piccolo “pezzo” di questo luogo, immaginare ogni rullo e il suo provino a contatto già come una storia completa fatta di 12 tessere che, stampate, si potessero poi rimescolare, ripescare e abbinare in tanti modi diversi: così anch’io avrei creato ogni volta un racconto nuovo, tante piccole storie una dentro l’altra, tutte differenti, ma parti imprescindibili di una stessa unica visione.

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